Circolo del cinema di Bellinzona

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CH6500 Bellinzona

PAESAGGI CONTEMPORANEI

in collaborazione con GEA-associazione dei geografi, in occasione del Festival
Paesaggio senza identità? Per una geografia del progetto locale,

Monte Verità Ascona, 20-21 ottobre 2012

12  OTTOBRE -

6 NOVEMBRE 2012

 

CORPO CELESTE

Alice Rohrwacher


  1. Sceneggiatura: Alice Rohrwacher; fotografia: Hélène Louvart; montaggio: Marco Spoletini; musica: Piero Crucitti; scenografia: Luca Servino; interpreti: Yile Vianello, Salvatore Cantalupo, Pasqualina Scuncia, Anita Caprioli, Renato Carpentieri, Paola Lavini; produzione: Carlo Cresto-Dina, Jacques Bidou, Marianne Dumoulin, Tiziana Soudani per Tempesta/Jba Production/Amka Films, Italia/Francia/Svizzera 2010.

  2. 35mm (Locarno)/DCP (Bellinzona), colore, v.o. it st. f/t, 98’


Marta ha tredici anni e, dopo dieci anni passati con la famiglia in Svizzera, è tornata a vivere nel profondo Sud italiano, a Reggio Calabria, la città dov’è nata (…) La città è cresciuta senza nessun ordine, è per lei rumore, resti antichi accanto a palazzi ancora in costruzione e vento, un mare che si intravede vicino e sembra impossibile da raggiungere. Marta inizia subito a frequentare il corso di preparazione alla Cresima, l’età è giusta, ed è anche, le ripetono tutti, un bel modo per farsi nuovi amici (…) Incontra così don Mario, prete indaffarato e distante che amministra la chiesa come una piccola azienda, e la catechista Santa, una signora un po’ buffa che guiderà i ragazzi verso la Confermazione…


Rosselliniano è il metodo di regia: girare e aspettare, cogliere il dettaglio e aspettare con fiducia che la realtà si riveli. Con la differenza che qui la realtà si rivela soprattutto nel degrado e nel grigiore. Si potrebbe dire che il degrado umano e paesaggistico del film svolge in Corpo celeste lo stesso ruolo che in Viaggio in Italia aveva l’oleografia folcloristica sul Sud. Due diversi stereotipi, che (fatte salve le proporzioni) servono allo stesso scopo. Infatti la descrizione dell’ambiente circostante (che è degradato non per via di violenza o di eccesso, ma di semplice mediocrità: è il degrado della piccola borghesia, non del sottoproletariato) ha un ruolo ambivalente. La regista non intende denunciare, e non disprezza di certo ciò che narra. Anzi: l’impressione è che qualcosa, per lei e la sua protagonista, si riveli non solo nonostante, ma anche grazie al

degrado. Lo si può chiamare il mondo, o il sacro: Rossellini non avrebbe fatto differenze.

(Emiliano Morreale, in “Cineforum”, 505, giugno 2011)