|
FANNY E ALEXANDER
Fanny och Alexander, Svezia/Francia/RFT 1982
Sceneggiatura: Ingmar Bergman; fotografia: Sven Nykvist; montaggio: Sylvia Ingemersson; musica: Chopin, Britten, Schumann, Marianne Jacobs; interpreti: Pernilla Allwin, Bertil Guve, Börje Ahlstedt, Harriet Andersson, Pernilla Ostergren, Ewa Fröling, Erland Josephson, Allan Edwall, Jan Malmsjö, Käbi Laretei, Gunnar Björnstrand, Stina Ekblad, Jarl Kulle…; produzione: Jörn Donner per Cinematograph för Filminstitutet, Sveriges Television 1/Gaumont (Paris)/Personafilm (München)/Tobis Filmkunst (Berlin).
35mm, colore, v.o. st. f/t, 197'
In una cittadina di provincia svedese, all'inizio del Novecento, vive la famiglia Ekdahl: quando il padre, direttore di teatro, muore, i due figli, Fanny (Allwin) e il sognatore Alexander (Guve) sono costretti a vivere secondo le rigide imposizioni del vescovo protestante Vergérus (Malmsjö) con cui la madre (Fröling) si è risposata, finché un avventuroso intervento della nonna e dell'antiquario ebreo Isak (Josephson) non ricompone l'armonia famigliare, grazie anche all'improvvisa morte del vescovo in un incendio.
Prodotto originariamente per la televisione (cinque puntate per un totale di 312'), è una sorta di film testamento, girato da Bergman in Svezia dopo cinque anni di esilio volontario per problemi fiscali. È una commedia che si colora anche di dramma, dove l'arte bergmaniana perviene a una serena e armonica conciliazione degli opposti della vita, vista come uno spettacolo dove “tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile” (Volpi): al centro una famiglia di artisti di teatro (il padre muore recitando l'Amleto), la vedova riprenderà a recitare col Sogno di Strindberg), “dimostrazione quasi utopica della possibilità di vivere naturalmente anche la morte e le passioni” (idem), il cui equilibrio verrà distrutto dall'intervento repressivo del ministro ecclesiastico, caricaturale rappresentazione dell'eccessivo puritanesimo della cultura nordica. La fotografia di Sven Nykvist fa miracoli nel rendere il contrasto fisico fra il calore del mondo teatrale, la magia dell'ambiente ebraico, la freddezza ascetica del rigore religioso. Quattro Oscar: fotografia, miglior scenografia (Anna Asp e Susan Lindheim), costumi (Marik Vos) e miglior film straniero.
Il vero Fanny e Alexander dura oltre cinque ore, cinque ore e mezza. Non è fatto per essere visto un'ora alla settimana, poi un'altra ora e così via. Il film dev'essere visto in una sola volta con una interruzione per la colazione o la cena. E ovviamente senza i titoli di testa della serie televisiva. (6)
|
|