CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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François Truffaut

(Parigi 1932 - Neuilly, Parigi 1984). Regista. Pessimi rapporti con le istituzioni scolastiche, due genitori impegnati nel lavoro. Poi, l'incontro con André Bazin. Fonda un cineclub, durante una fuga dalla famiglia. Ripreso, è condotto in riformatorio, da cui lo fa uscire Bazin che dopo un'infelice esperienza fra le truppe in Indocina, gli procura un lavoro prima al servizio cinematografico del Ministero dell'Agricoltura, poi come redattore nella rivista da poco fondata: i 'Cahiers du cinéma'. Dal 1955 al '59 T. pubblica recensioni (che poi raccoglierà nel volume 'Les films de ma vie') e articoli, tra cui il noto 'Une certaine tendance du cinéma français', atto d'accusa nei confronti del cinema francese degli anni '50. Fondamentale per la sua formazione è la assiduità presso i cineclub del Quartiere Latino e la Cinématheque Française di Henri Langlois, dove T. impara a conoscere certo cinema americano di serie B. Nel 1959 dirige il primo lungometraggio, Les quatre-cents coups (I quattrocento colpi). Prima si era fatto notare con cortometraggi come La visite (La visita, 1955), Histoire d'eau (Una storia d'acqua, 1958, in collaborazione con Jean-Luc Godard) e soprattutto Les mistons (I monelli, 1957), un mediometraggio in cui sono già evidenti lo sguardo complice con cui T. guarda i bambini, e i nuclei tematici che ritorneranno in molti suoi film: l'amore, la morte, l'impossibilità della coppia. Con Les quatrecents coups - che vince il Grand Prix de la Mise en Scène al festival di Cannes - il regista inizia a tessere un rapporto con il mezzo filmico in cui l'autobiograifismo gioca un ruolo significativo. Interprete del protagonista - Antoine Doinel - è il giovanissimo Jean-Pierre Leaud, che diventa l'attore preferito di T. e che continuerà a interpretare il personaggio (simbolico della vita e delle esperienze di una generazione) nei film della serie: Antoine et Colette (Antoine e Colette), episodio di L'amour à vingt ans, (L'amore a vent'anni, 1962), storia di un corteggiamento timido e maldestro, Baisers volés (Baci rubati, 1968), divertente affresco di come Antoine passi dall'adolescenza a una relativa maturità incontrando la donna che sposa, Domicile conjugal (Non drammatizziamo... E' solo questione di corna, 1970), la noia del matrimonio e i piaceri dell'adulterio, fino a L'amour en fuite (presentato in televisione col titolo L'amore fugge, 1979): Antoine dopo il divorzio da Christine, diventa scrittore e ricostruisce con citazioni dai film precedenti la sua 'vita' cinematografica. Nel 1960 con il suo secondo film T., Tirez sur le pianiste (Tirate sul pianista), aveva sostituito all'autobiografismo un argomento 'cinefilico' rivisitando un genere tipico del cinema americano di serie B, il gangster-film. Con Jules et Jim (Jules e Jim, 1961), che trascrive da un romanzo di Jean-Pierre Roché, racconta la storia di un rapporto a tre, incentrato sul personaggio femminile di Catherine (Jeanne Moreau) e ambientato ai primi del '900. Alla libertà dei rapporti - il film vuole anche essere una dimostrazione dell'impossibilità della coppia - T. fa corrispondere quella della m.d.p., impegnata in ardite carrellate e panoramiche. In questo e negli altri film T. si serve di una struttura narrativa tradizionale, in cui inserisce sempre una variante o una nota originale: qui è il riferimento al cinema dei primi del '900, grazie all'uso di mascherini e di una fotografia 'datata'. La peau douce (La calda amante, 1964) è di nuovo la storia di un triangolo (dei nostri giorni questa volta) che T. costruisce 'à la manière d'Hitchcock'. Al regista inglese, uno dei modelli della nouvelle vague, si rifaranno anche - in maniera piú o meno indiretta - La mariée était en noir (La sposa in nero, 1967) e La sirène du Mississipi (La mia droga si chiama Julie, 1969) ambedue da romanzi polizieschi di Cornell Woolrich. Nel 1969 T. realizza un film-saggio, L'enfant sauvage (Ragazzo selvaggio) ispirandosi al rapporto stilato per la Société des observateurs dal dottor Jean Itard che nel '700 si era occupato di un ragazzo cresciuto nella foresta, assieme agli animali. Il film si segnala anche per la relazione che istituisce tra pagina scritta - il dottor Itard (interpretato dallo stesso T.) è spesso inquadrato alla scrivania - e immagini, una costante di molte opere di T. che amava allo stesso modo i film e i libri. Questi ultimi compaiono spesso nelle sue storie, o come citazioni o al centro delle vicende: in Fahrenheit 451 (id., 1966) si lotta per distruggerli o per salvarli; in Les deux anglaises et le continent (Le due inglesi, 1971; rieditato nel 1985 come Les deux anglaises) - altra trascrizione da un romanzo di Roché, con un nuovo diverso triangolo - Claude, il protagonista, rinuncia all'amore per scrivere; nel divertito Une belle fille comme moi (Mica scema la ragazza, 1972), un sociologo incontra la donna che lo trascina alla prigione a vita durante un'intervista per il libro che sta scrivendo; L'homme qui aimait les femmes (L'uomo che amava le donne, 1977) amava anche i libri e ne scrive uno con i suoi ricordi. Adèle Hugo, protagonista di L'histoire de Adèle H. (Adele H., una storia d'amore, 1975) tiene un diario su cui scrive con sempre maggiore frequenza via via che la sua pazzia progredisce.

Il cinema è invece al centro di La nuit américaine (Effetto notte, 1973) il film che vince un Oscar e che rende popolare T. presso un pubblico piú vasto. Storie d'amore passionali sono quelle che T. descrive in La chambre verte (La camera verde, 1978) - una passione per la morte - dove il protagonista (lo stesso T.) vive circondato di fotografie e di ricordi della moglie e degli amici scomparsi; in La femme d'à côté (La signora della porta accanto, 1981) è la passione totale che non permette né di vivere assieme né separati: interpretato da Fanny Ardant e G. Depardieu è un altro grande successo di pubblico, come lo era stato Le dernier métro (L'ultimo metrò, 1980), con C. Deneuve e Depardieu, in cui T. mostra ancora una volta come la vita si confonda con lo spettacolo, in questo caso il teatro. Nel suo ultimo film - Vivement dimanche! (Finalmente domenica, 1982) - T. (che nel 1960 aveva fondato una propria casa di produzione 'Les films du carrosse', con cui aveva anche aiutato giovani esordienti) ritorna a un argomento poliziesco e al bianco e nero: un'operazione di raffinato recupero del cinema nero degli anni '50 per un film brillante in cui l'azione si mescola continuamente all'ironia e la morte all'amore. Un esempio perfetto di quanto aveva dichiarato una volta: . Di lui ci rimangono le immagini dei suoi film e quelle di Close Encounters of the Third Kind (Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1977) il film di Spielberg che lo aveva come protagonista.

Ha lasciato tre volumi: 'Les films de ma vie', 1975 ('I film della mia vita'); 'Le cinéma selon Hitchcock', 1983 ('Il cinema secondo Hitchcock'), lunga intervista nella quale il regista inglese illustra minuziosamente, film per film, la propria drammaturgia offrendo un documento prezioso allo studio dei cineasti e degli storici del cimena; una raccolta di lettere pubblicata nel 1990. Dalla moglie Madeleine Morgenstern ha avuto due figlie (Laura ed Eva). Dalla compagna con la quale viveva, dopo essersi separato dalla moglie - Fanny Ardant - avrà Joséphine (di cui l'attrice era incinta mentre girava Vivement dimanche!). Muore a 52 anni d'un tumore al cervello.


Scheda tratta da F. Di Giammatteo, Nuovo dizionario universale del cinema. Gli autori, Roma, Editori riuniti, 1996