CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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La Nouvelle Vague francese

Hiroshima mon amour, 1959

di Alain Resnais

Soggetto e sceneggiatura: Marguerite Duras; fotografia: Sacha Vierny e Takahashi Michio; scenografia: Esaka, Mayo e Petri; musica: Georges Delerue e Giovanni Fusco; montaggio: Henri Colpi; interpreti: Emmanuelle Riva (lei). Eij Okada (lui), Bernard Fresson (il tedesco), Stella Dassas (la madre), Pierre Barbaud (il padre); produzione: Argos Films / Como Films / Daiei Motion Pictures Co. / Pathé Overseas Prod.; origine: Francia - Giappone; durata: 90'.

Un'attrice francese è a Hiroshima per girare un film pacifista e, dopo anni di matrimonio spiritualmente e sessualmente arido, vive un'intensa storia d'amore, che dura solo 24 ore, con un giovane giapponese. I due amanti si incontrano ma su di loro incombono l'orrore e il ricordo della guerra e della bomba atomica. Come nati da questo nuovo amore, affiorano nella donna ricordi struggenti e dolorosi, mai confessati neppure al marito, dell'antico amore a Nevers per un soldato tedesco durante l'occupazione (amore per il quale fu duramente punita dai concittadini a guerra finita). Ma la donna deve partire e l'amante cerca di trattenerla, inseguendola di giorno e di notte per le strade di Hiroshima e tormentando lei indecisa, e se stesso. La donna esita ma alla fine parte e si stacca insieme, in questo modo, dal presente e dal passato.

Tratto da una sceneggiatura della scrittrice (e poi regista) Marguerite Duras, il film di Resnais si organizza attorno alla problematica della memoria e dell'oblio che già aveva caratterizzato i cortometraggi del regista: bisogna dimenticare ma anche ricordare, per vivere. Su questa antitesi Resnais elabora una complessa struttura che contrappone e mescola passato e presente, Nevers e Hiroshima, il tedesco e il giapponese. La voce off della protagonista costituisce l'elemento unificante che dà alle immagini l'andamento del flusso della memoria: il tempo cinematografico è scomposto in particelle minime, ossia, la sua durata si scompone nella sequenza, per poi essere ricostruito dal tempo della memoria (un tempo soggettivo) che passa senza alcun segno visibile dal passato al presente e viceversa. Il film mescola stili diversi (documentario, poetico, melodrammatico), che rendono difficile la sua collocazione in un genere. Forse si può parlare di un dramma sperimentale. Da ricordare anche la differenza 'luministica' tra le riprese di Nevers e quelle di Hiroshima: sono dovute a due diversi operatori: Sacha Vierny e Takahashi Michio.