CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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Milos Forman

(Cáslav, Cecoslovacchia 1932). Regista. E' il più affermato esponente della nová vlna, di quel movimento, cioè, che negli anni 1962-1965, con l'esordio di numerosi registi appartenenti alla stessa generazione (Jirí Henzel, Jaromil Jires, Vera Chytilová, Jan Nemec, Ewald Schorm) impose il cinema d'autore cecoslovacco tra le più interessanti correnti di rinnovamento internazionali. Si iscrive al FAMU, il dipartimento del cinema dell'accademia dello spettacolo di Praga. Qui ha come insegnanti lo scrittore Milan Kundera e i registi Otakar Vávra e Elmar Klos. Tra il '55 e il '60 conosce anni di inattività: la difficoltà del suo esordio nel cinema mostra il rigido conservatorismo di un regime che non ha conosciuto la destalinizzazione del '56. F. è sceneggiatore, aiuto-regista, attore, con Alfred Radok. Nel 1958 compie un'importante esperienza: lavora alla famosa 'Laterna Magika', spettacolo misto di proiezioni su più schermi, musica stereofonica, performances teatrali. Nel '63 debutta con il mediometraggio Konkurs (Il concorso), esperimento sospeso fra il cinema-verità e la candid camera, dove il regista riprende una gara canora con affetto non privo di una sorridente malizia - l'idea verrà riutilizzata più tardi, 1971, nel suo primo film americano, Taking Off (id.). E' un periodo di mutamenti. Nuovi dirigenti più liberali e una riforma del sistema produttivo analoga a quella realizzata nelle altre cinematografie nazionalizzate dei paesi socialisti (la costituzione dei 'gruppi') consentono un massiccio ricambio e quella ventata di spregiudicatezza che caratterizzerà la metà degli anni '60 e culminerà nella breve e intensa primavera di Praga. F. realizza con i soliti amici-collaboratori (Miroslav Ondrícek, Ivan Passer, Jaroslav Papousek) Cerni Petr (L'asso di picche, 1963), Lásky jedné plavovlásky (Gli amori di una bionda, 1965) e Hori, ma panenko (Al fuoco, pompieri!, 1967). Specialmente i primi due film ricevono un'accoglienza favorevolissima (il secondo riceve una nomination all'Oscar) e segnalano F. come uno dei più promettenti talenti giovanili di quel periodo. Il suo nome viene immediatamente accostato a quelli di Truffaut, di Bertolucci e dei rappresentanti del free cinema. Oggetto dei suoi film, lutti fatti spiccioli e comportamenti quotidiani, sono i piccoli turbamenti dell'adolescenza e i conflitti fra le generazioni. Il tutto è rappresentato, però, senza il sofferto lirismo di uno Skolimowski, ma con distaccata ironia e sarcasmo pungente, con un gusto caricaturale e un disincanto che si risolve in graffiante satira di costume. La tendenza viene accentuata nel terzo film, che prende direttamente di mira la mediocrità e l'opportunismo degli adulti ed è proibito dal presidente Svoboda in persona. Alla prima occasione F. - come già qualche anno prima aveva fatto Polanski - va a lavorare in America. Non senza difficoltà realizza, con lo sceneggiatore Jean-Claude Carrière, Taking Off, dove i temi e lo stile non differiscono troppo dai film cecoslovacchi. Ciononostante, per la sottigliezza delle note ambientali e il mordente satirico viene inserito fra le opere più significative della 'New Hollywood'. Il discreto successo incide profondamente sulla carriera del regista, che, con ingenti capitali a disposizione, un best-seller (quello di Ken Kesey) e un divo come Nicholson può realizzare One Flew over the Cuckoo's Nest (Qualcuno volò sul nido del cuculo, 1975), vincitore di cinque Oscar e campione d'incasso degli anni 70. Nel 1979 realizza la trasposizione cinematografica del celebre musical Hair (id., 1979) riuscendo a rivitalizzare un'opera (amatissima da F.) che nel corso degli anni aveva necessariamente perduto la grinta-pacifista originaria. Il successo è enorme. Dando sempre più spazio a un'ambizione spettacolare direttamente proporzionale all'assimilazione della cultura cinematografica americana F. porta sullo schermo un romanzo di E.L. Doctorow, Ragtime (id., 1981) e una commedia di Peter Shaffer, Amadeus (id., 1984). Se dimostra qualche impaccio nella ricostruzione della mitica età del jazz fra violenza, sangue e ribellione razziale, riesce invece a sedurre pubblico e critica con la reinvenzione del conflitto - in verità metastorico e metabiografico - fra genio e mediocrità incarnati dai personaggi di Mozart e di Salieri. Rifiutato consapevolmente il rigore filologico F. costruisce un'opera dal ritmo serrato, indugiando solo su singoli aspetti delle due personalità (la vitalità magnetica di Mozart ben emblematizzata dall'invenzione di una risata nevroticamente acuta e irriverente, il cupo servilismo del bigotto Salieri, così lacerato e provato dalla gelosia da mettere in dubbio la sua stessa fede) e incorniciando la vicenda in un contesto figurativo (fatto di costumi, ambienti, scenografie d'epoca) di grande fascino e suggestione. Paradossalmente, il film, che gli consente di tornare a girare in Cecoslovacchia, conferma una lontananza stilistica dal cinema degli esordi che promuove F. maestro di sicuro mestiere nel solco della grande tradizione spettacolare americana. Amadeus vince 8 premi Oscar, incluso quello per la regia. Nel 1989 affronta una riduzione di quelle "Liaisons dangereuses" di Laclos che nello stesso tempo danno origine a Dangerous Liaisons (Le relazioni pericolose) di Stephen Frears. I due film escono a poca distanza l'uno dall'altro; per primo quello di Frears. F. lo intitola Valmont (id.), preme fortemente sul pedale del sarcasmo, sino a cadere talvolta nella farsa, con i caratteri ben rilevati, gli incontri e gli scontri sottolineati al limite del grottesco. Ciò non gli impedisce di essere fastoso e raffinato nell'ambientazione, rigoroso nella ricostruzione del mondo corrotto, accurato nella scelta delle musiche (Rameau, Couperin, Haydn). F. è ormai un regista perfettamente inserito, ad alto livello con prestigio indiscusso, nell'industria. In Heartburn (Heartburn - Affari di cuore, 1986) di Mike Nichols ha interpretato un personaggio laterale. Dieci anni prima aveva ottenuto la cittadinanza americana e l'incarico di docente alla Columbia University.


Scheda tratta da F. Di Giammatteo, Nuovo dizionario universale del cinema. Gli autori, Roma, Editori riuniti, 1996