CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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Roman Polanski

(Parigi 1933). Regista. Nasce in Francia da emigrati polacchi ebrei, che, pieni di nostalgia per il loro paese, tornano in Polonia, pochi anni dopo la sua nascita. Quando i nazisti arrivano a Cracovia P. e i suoi vengono rinchiusi nel ghetto. La madre deportata in un campo di concentramento non ritornerà e il padre trova la morte nella distruzione del ghetto, dopo aver fatto fuggire il figlio nel 1943. P. riesce a sopravvivere ed ha - giovanissimo - esperienze teatrali. Respinto al corso di recitazione della scuola di Lódz passa a quello di regia, diplomandosi nel 1959 dopo aver girato come studente una serie di cortometraggi di notevole originalità: soprattutto Dwaj ludzie z szafa (Due uomini e un armadio, 1958), che riceve numerosi premi e Gdy spadaja z nieba anióly (La caduta degli angeli, 1959). Dopo il cortometraggio realizzato in Francia Le gros et le maigre (Il grasso e il magro, 1961) e quello girato in patria Szaki (I mammiferi, 1962), P. affronta il lungometraggio: Nóz w wodzie (ll coltello nell'acqua, 1962), scritto assieme a un'aitra giovane promessa del cinema polacco, Jerzy Skolimowski. Frutto di quegli anni di passaggio (dal gusto dei grandi conflitti storici e l'epopea della nazione martire, caratteristici dei cineasti più anziani, all'estetica della soggettività che sfocerà nella cosiddetta 'terza generazione' di Zanussi e degli altri giovani autori), è il film che meglio rappresenta la condizione di disagio e le inquietudini epidermiche di coloro che sono cresciuti dopo la guerra, all'interno del 'socialismo realizzato'. Intanto, P. aveva partecipato come attore ad altre importanti fasi del rinnovamento: Pokolenie (Generazione, 1955), Lotna (1959), Niewinni czarodzieje (Ingenui perversi, 1960) e Samson (Sansone, 1961) tutti di Wajda, Zezowate szczescie (Fortuna da vendere, 1960) di Munk. Dopo il promettente debutto, però, il regista decide di abbandonare il suo paese. In Francia, dopo aver girato La rivière de diamants (La collana di diamanti) episodio del film Les plus belles escroqueries du monde (Le più belle truffe del mondo 1963), fatica a trovare finanziamenti. Nel 1965 va in Inghilterra per realizzare Repulsion (id., 1965), che vince l'Orso d'argento al festival di Berlino dello stesso anno, e segna l'inizio della sua collaborazione con lo sceneggiatore Gérard Brach, precisando una cifra espressiva che attinge all'assurdo della lezione surrealista e alla macabra, compiaciuta effettistica dell'horror film per sposare però queste influenze a un'originale meditazione sull'angoscia esistenziale dell'uomo contemporaneo (privo, secondo la sua visione anarchica del mondo, di qualsiasi via d'uscita). Con Cul-de-sac (id., 1966), premiato con l'Orso d'oro a Berlino, fa la sua comparsa una vena grottesca in un contesto claustrofobico come il precedente, mentre The Fearless Vampire Killers (Per favore... non mordermi sul collo, 1967) si presenta come un'ingenua e divertita parodia del genere vampiresco, destinato ad avere un'enorme fortuna commerciale e a generare operazioni analoghe, come Young Frankenstein (Frankenstein jr., 1974) di Mel Brooks. Il successo continua ad arridergli con il trasferimento in America e la trasposizione del romanzo di Ira Levin Rosemary's Baby (id., 1968), business hollywoodiano molto calcolato, ma non per questo meno congeniale all'amore di P. per l'eccesso e il parossismo (o fantastico). Colpito da un'atroce tragedia privata (la strage di Bel Air, in cui perde la vita la moglie, l'attrice Sharon Tate, in attesa del loro primo figlio), il regista abbandona il progetto di fare (con sceneggiatori italiani) un film su Paganini e realizza in Inghilterra una cruenta e personale rilettura (o tragedia) del Macbeth (id., 1972) e, in Italia, lo stesso anno una stralunata rivisitazione della sophisticated comedy in chiave moderna con What? (Che?). Coronamento della sua attenta cultura cinematografica e del raffinato professionismo raggiunto - sposati a una rilettura non imitativa ma 'intellettuale' dei modelli classici e dei loro eroi - è il Chinatown (id., 1974) scritto per lui da Robert Towne e interpretato da Jack Nicholson. Con Le locataire (L'inquilino del terzo piano, 1976) - da lui stesso interpretato come The Fearless Vampire Killers e ricalcato sul successo di Rosemary's Baby - e Tess (id., 1979), protagonista Nastassja Kinski, entrambi girati in Europa (dove il regista si è stabilito dopo disavventure giudiziarie in USA), P. sembra abbandonarsi all'esercizio di un consumato mestiere. E preferisce dedicarsi al teatro: nel 1981 mette in scena e interpreta 'Amadeus' di Peter Schaffer, il testo teatrale da cui Forman trarrà il suo premiatissimo film. Nel 1984 pubblica la sua autobiografia 'Roman by Polanski'. Contraddittorio e imprevedibile, si riaffaccia sulla scena cinematografica con una confusa rivisitazione del film d'avventura voltato in parodia, con un Walter Matthau stranito, grande sfarzo e molto rumore ma poca sostanza: Pirates (Pirati, 1986). L'insuccesso lo costringe al silenzio per qualche anno. Riemerge in Francia con una convulsa immagine della paura (e del vuoto) di cui un uomo può essere vittima per caso: è la storia (sceneggiata dal fedele Gérard Brach) di un medico americano - un Harrison Ford perfetto - che, giunto a Parigi per un congresso, si accorge di colpo che la moglie è stata rapita. Frantic (1988) si disperde più volte in concitate vicissitudini ma conserva, soprattutto dal momento in cui compare la misteriosa Michelle (la Emmanuelle Seigner che diverrà moglie di P.), una forte compattezza drammatica. Tre anni dopo affonda le mani, più ancora , nell'orrore e nella violenza con la riduzione (sempre insieme a Brach) di un romanzo di Pascal Bruckner, Bitter Moon (Luna di fiele, 1992): due coppie s'incontrano in una crociera sul Mediterraneo e si "incrociano" sadicamente, sino alla morte. Un altro saggio di sadismo è Death and the Maiden (La morte e la fanciulla, 1994), che si sviluppa ossessivamente attraverso il crudele "processo" di cui una sopravvissuta alle torture (siamo in un paese dell'America latina) sottopone l'aguzzino che ha catturato: il quartetto di Schubert "La morte e la fanciulla", sulle cui note (ed esecutori) si apre il film, costituisce il filo conduttore della vicenda, imperniata sull'abilità di Sigourney Weaver e di Ben Kingsley. P. non rinuncia a coltivare l'arte della recitazione, di cui ha dato più di una saggio, e, dopo l'insignificante Back in USSR (KGB - Ultimo atto, 1992) di Deran Sarafian, interpreta, nel personaggio simbolico del commissario, l'intrigante film di Giuseppe Tornatore Una pura formalità (1993), accanto a Gérard Depardieu. P. è un impasto di spavalderia e di terrore, di sarcasmo e di sofferenza: il suo cinema lo rivela, sia che lo faccia sia che lo interpreti. "La vita è tragica. Tutti moriamo. E' l'unico problema - dice - altrimenti sarebbe formidabile."


Scheda tratta da F. Di Giammatteo, Nuovo dizionario universale del cinema. Gli autori, Roma, Editori riuniti, 1996