(Tokyo 1928). Regista. Figlio di insegnanti, sembra aver assimilato profondamente la vocazione psico-pedagogica dei genitori dal momento in cui, nei primi anni '50, s'impiega presso la sezione audiovisivi della casa editrice Iwanami e sviluppa, in molti documentari, la tematica dei bambini disadattati e più in generale dell'infanzia difficile. La cosiddetta 'scuola Iwanami' è, in questi anni, un fecondo laboratorio del documentario d'impegno civile e H. vi matura una spiccata sensibilità per la problematica educativa, unita a una valenza sperimentale che resterà costante nella sua opera. Summa di questa prima fase è Furyô Shonen (I cattivi ragazzi, 1961), un film-verità in 16 mm che affronta con delicatezza e pudore (le due caratteristiche di H.) il tema della gioventù 'da riformatorio'. D'ora in poi H. farà di tale approccio solidale al mondo dei giovani marginali (bambini o adolescenti) l'argomento centrale del suo cinema, alla ricerca di quella che secondo lui si nasconde anche dietro i comportamenti devianti. Tra gli anni '60 e '70: Mitasareta Seikatsu (Una vita piena, 1962), Te o Tsunagu Ko Ra (Bambini che si tengono per mano, 1963), Kanojo to Kare (Lui e lei, 1963), Hatsukoi Jigoku-hen (Primo amore, versione infernale, 1968, su sceneggiatura di Terayama), Gozenchû no Jikanwari (Programma della mattinata, 1972) sono film esemplari in questo senso. E anche i singolari Bwana Toshi no Uta (Il poema di Bwana Toshi, 1965, girato in Africa orientale), Andesu no Hanayome (La sposa delle Ande, 1966, girato in Perù, primo film da 'indipendente') e Mio (1972, girato in Sardegna con protagonista la figlioletta) rappresentano in fondo delle semplici varianti dell'ininterrotto approccio di H. al 'diverso', con effetti anche volutamente grotteschi. Non a caso, dopo il vuoto degli anni '70 (colmato da lavori televisivi), con gli anni '80 H. torna in Africa sulle tracce del 'primordiale' per un altro film-di-bambini, Afukira Monogatari (Storia africana, 1980). Da segnalare nell'81 Yogen (Profezia), un documentario sulla bomba H e, nel 1983, Rekishi: Kaku Kyôran no jidai (La storia: l'era della follia nucleare). Nel 1956 aveva vinto un premio alla Mostra di Venezia per un cortometraggio per ragazzi e nel 1965 aveva ottenuto il premio speciale della giuria al Festival di Mosca per Te o tsunagu Ko ra. Ha scritto resoconti sulla lavorazione dei film nelle Ande e in Africa, nonché due saggi teorico-pratici (uno nel 1958 sull'attore non professionale, uno nel 1960 sull'estetica della presa diretta).
Scheda tratta da F. Di Giammatteo, Nuovo dizionario universale del cinema. Gli autori, Roma, Editori riuniti, 1996