(n.d'a.) Wilhelm Wenders (Düsseldorf, Germania 1945). Regista. Cresciuto in un ambiente familiare fortemente cattolico, sembra avviato, in un primo tempo, alla formazione ecclesiastica. Ma si ricrede e inizia studi prima di medicina e poi di filosofia. Non li porta però a termine perché parte alla volta di Parigi. Qui lavora presso un incisore e tenta di iscriversi alla Ecole des Beaux Arts, ma soprattutto vede un numero spropositato di film, specialmente americani, alla Cinémathèque, maturando così la decisione di dedicarsi al cinema. Fallito il tentativo di partecipare ai corsi dell'lDHEC, torna in Germania dove, a Monaco, si iscrive alla Hochschule für Fernsehen und Film (Scuola superiore di televisione e cinema). Mentre studia W. scrive recensioni su 'Süddeutsche Zeitung' e 'Filmkritik' e realizza cortometraggi, tra cui spiccano Same Player Shoots Again (Lo stesso giocatore spara ancora, 1967), Alabarna / 2000 Light Years , Alabama / 2000 Anni Luce, 1968), Polizeifilm ,film sulla polizia, 1969) e 3 Americanische Lp's (Tre Lp americani, 1969). Questi primi passi testimoniano della profonda fascinazione che su di lui esercita l'America e alcuni dei suoi simboli evidenti: la musica rock, il flipper, il juke-box, la letteratura e i film polizieschi, ecc. Segnano anche l'incontro di W. con alcuni dei suoi più importanti collaboratori futuri, come l'operatore Robbie Müller (suo direttore della fotografia per dieci anni) e lo scrittore Peter Handke. Nel 1970 gira Summer in the City (Estate in città), il primo lungometraggio, con cui si diploma alla Hochschule. Il film (in bianco e nero) pur muovendosi nell'ambito del giallo ne ribalta i principali canoni: inizia quando il crimine (una rapina) non solo è stato commesso ma già espiato, e segue il protagonista in una serie di azioni senza scopo. L'anno successivo realizza Die Angst des Tormans beim Elfmeter (Prima del calcio di rigore, 1971) di nuovo un poliziesco, tratto dall'omonimo romanzo di Handke: si tratta di una rilettura, inconsueta e rigorosa, del genere poliziesco, con nessuna concessione allo spettacolo. In antitesi col (pur amatissimo) cinema americano classico, W. giunge a una narrazione, da molti definita 'fenomenologica' in cui tempo diegetico e tempo reale tendono a coincidere e in cui ellissi e supremazia dell'azione vengono abolite in favore di un'assoluta oggettività. Intanto, partecipa alla costituzione della Filmverlag der Autoren la compagnia tramite la quale i giovani cineasti tedeschi si assicureranno la produzione (solo inizialmente) e la distribuzione delle loro opere, dando così vita al Nuovo cinema tedesco, di cui appunto W., insieme a Fassbinder e Herzog sarà uno degli esponenti di punta. Dopo Der scharlachrote Buchstabe (La lettera scarlatta, 1972), tratto dal romanzo di Hawthorne, W. firma tre film accomunati dal fatto di aver tutti lo stesso protagonista, Rüdiger Vogler, e di essere tutti imperniati sulla tematica del viaggio (già presente del resto in Die Angst) e per questo noti come la 'trilogia della strada': Alice in den Städten (Alice nelle città, 1973), un curioso road-movie con uno scanzonato giornalista e una bambina intraprendente; Falsche Bewegung (Falso movimento, 1974), liberamente tratto dal 'Wilhelm Meister Lehrjahre' di Goethe in cui il viaggio è la ricerca dell"altro', nei tentativo di risolvere un'incomunicabilità divenuta ormai endemica Im Lauf der Zeit (Nel corso del tempo 1975), appassionata riflessione sulla fine del cinema del passato, incentrata su 'luoghi' classici del cinema e della cultura americani come - oltre al 'viaggio' - l''amicizia virile' e l''assenza della donna'. Vincitore del premio della critica al festival di Cannes del 1976, il film godrà di un vasto successo di pubblico. Col seguente Der amerikanische Freund (L'amico americano, 1977), W. può disporre per la prima volta di un budget considerevole (co-produce il film con la sua nuova società chiamata significativamente Road Movies Filmproduktion) e procede a una rivisitazione affettuosa e ironica del cinema gangsteristico americano, presentando oggetti-feticcio che rimandano al significato del cinema e scegliendo interpreti la cui sola presenza indica precise ascendenze: dall'attore Dennis Hopper, regista del più celebre road-movie degli anni '60 - Easy Rider (Easy Rider: libertà e paura, 1969) -, ai registi Nicholas Ray, Samuel Fuller e Jean Eustache. Dopo il grande successo W. parte per gli USA per dirigere un film prodotto da Francis Ford Coppola la cui lavorazione, iniziata nel 1978, si protrarrà quattro anni segnati da discussioni tra produttore e regista e da numerose interruzioni, durante le quali W. girerà due opere che rimangono tra le sue più personali. La prima, Lightning over Water - Nick's Movie (Lampi sull'acqua - Nick's Movie, 1980) scritta e diretta a quattro mani da W. e da Nicholas Ray, porta alle estreme conseguenze il gioco tra realtà e finzione implicito nel fare cinema.
La seconda, Der Stand der Dinge (Lo stato delle cose, 1982), pone fine alla riflessione metalinguistica di W. mettendo a confronto due modi completamente diversi di fare e concepire il cinema: quello americano, eminentemente narrativo, la cui struttura è determinata dall'industria; e quello europeo più legato al concetto di cinema come rappresentazione, in cui l'istanza strutturante è quella dell'autore. Discorso questo che viene esemplificato nella struttura stessa del film: lenta e descrittiva la prima parte (ambientata in Europa), movimentata e narrativa la seconda (ambientata in USA). Intanto, sempre nel 1982, esce Hammett (Hammett. Indagine a Chinatown) tratto dall'omonimo romanzo di Joe Gores completamente rimaneggiato in fase di montaggio ma che conserva inconfondibili tracce wendersiane, specie nella commistione fantastica di reale e immaginario. Liberatosi dei propri fantasmi con Nick's Movie e Der Stand der Dinge (vincitore tra l'altro del Leone d'oro a Venezia nel 1982), W. gira nel 1984 Paris, Texas (id.) Palma d'oro al festival di Cannes del 1984 scritto dal drammaturgo-attore americano Sam Shepard, in cui per la prima volta abbandona le citazioni e i riferimenti all'universo cinematografico per raccontare un'inconsueta storia d'amore, in cui recupera alcuni dei suoi vecchi temi, primo fra tutti il viaggio alla ricerca del passato. Dirige due cortometraggi: Reverse Angle: New York City, March 1982 o Quand je m'éveille (Controcampo: New York City, Marzo 1982 o Quando mi sveglio), quasi un taccuino di appunti sul suo soggiorno newyorchese; e Chambre 666 (Camera 666) cronaca di un dibattito sul futuro del cinema, improvvisato nella sua camera d'albergo a Cannes, nel 1982, a cui hanno partecipato Antonioni, Godard, Herzog, Spielberg e Morissey. Nel 1985 presenta a Cannes, nella sezione Un certain regard, Tokyo - Gâ (1985), un viaggio a Tokyo alla ricerca di Ozu, con la voce fuori campo di W. che si interroga sullo stato del cinema. In W. s'è instaurata una tensione fra le sue radici e la fuga, fra la Germania e il mondo. La "siderale" lontananza di Tokyo provoca una sospensione allucinata, una paura senza parole. Si torna a casa, nella Berlino che della Germania è il punto focale, e nasce una storia di angeli che scendono in terra per capire (e non capiscono). Der Himmel über Berlin (Il cielo sopra Berlino, 1987) vede, in bianco e nero e a colori, una città divisa e infelice: gli angeli non possono farci nulla. La fuga, di nuovo. Bis ans Ende der Welt (Fino alla fine del mondo, 1991) è un viaggio intorno al globo ispirato dall'amore filiale: un giovane registra immagini per la madre cieca (Jeanne Moreau), ma non serve a nulla. Come non servirà tornare a Berlino e incarognirsi con la malavita e i disperati, perché tutto finirà travolto dall'avidità umana, meno il cinema: In weiter Ferne, so nah! (Cosi lontano cosi vicino, 1993) sembra quasi una caricatura delle ambizioni poetico-evocative della prima Berlino degli angeli. Allora, la fuga un'altra volta, nella struggente Lisbona di Pessoa, dei Madredeus, dei suoi quotidiani, dei bambini, della luce e, su tutto, del cinema, in compagnia di un ingegnere del suono (Rüdiger Vogler, lui nuovamente) che impugna l'asta del microfono come un vescovo impugna il pastorale: Lisbon Story (id., 1994), aereo e folle come le storie senza senso - "Märchen?" - che W. ama, giustifica la necessità del cinema, e del regista tedesco. Che è generoso ad accettare di assistere Antonioni girando le sequenze di raccordo di Al di là delle nuvole (1995). Gesto nobile e perfettamente - nel bene e nel male - wendersiano. Il futuro del cinema è incertissimo, proprio quello di W. incapace di "uberlegen" veramente sullo strumento che maneggia. E sulla cultura (in crisi) del suo paese. (I saggi contenuti in "Il cinema dello sguardo" non equivalgono a una riflessione).
Scheda tratta da F. Di Giammatteo, Nuovo dizionario universale del cinema. Gli autori, Roma, Editori riuniti, 1996