Corrente del cinema brasiliano. Storicamente, si tratta del terzo momento autonomo e significativo di quella cinematografia, da sempre colonizzata, dopo la cosiddetta belle époque delle origini (3-4 anni, a partire dal 1908) e le farse degli anni '40. Tra i precedenti del cinema nôvo si può annoverare un numero ristretto di film sulla vita popolare nelle aree urbane, realizzati a Rio e São Paulo in seguito agli entusiasmi per il neorealismo italiano. Altri riferimenti furono le nouvelles vagues europee, mentre la pratica autoctona della farsa per lo schermo costituì oggetto di opposizione, alla pari del cinema di Hollywood. Nato nel 1962-63, con centro a Rio de Janeiro, il cinema nôvo ebbe una parabola storica brevissima. Tendenzialmente, si inserì in una più vasta corrente di rinnovamento della cultura brasiliana, che riguardava anche la musica, la letteratura, il teatro e le scienze sociali. Come accadeva per le altre forme espressive, il cinema nôvo vide una larga partecipazione di giovani intellettuali che, decisi a rifiutare il ruolo loro assegnato dal neocolonialismo, desideravano trasformarsi da classe dirigente in interpreti del popolo sottosviluppato e oppresso. Il movimento fu, tuttavia, molto differenziato: non si configurò come una 'scuola', né espresse atteggiamenti omogenei in campo ideologico o linguistico. Nella sua eterogeneità, ebbe comunque un maestro riconosciuto in Luis Nelson Pereira dos Santos, il cui Rio 40 graus (Rio 40 gradi, 1955) assunse valore esemplare come prototipo di una cinematografia nazionale e popolare. Il successivo Vidas secas (Vite secche, 1963) usava un linguaggio quasi documentario per ambientare nella desolata siccità del sertão la vicenda di una famiglia contadina.
La personalità di punta doveva essere però quella di Glauber Rocha, il cui cinema raggiunse una fama a livello internazionale. Uno sguardo antropologico caratterizzava il suo primo lungometraggio, Barravento (1962), incentrato su una comunità di pescatori di Bahia. Seguirono il barocco Deus e o Diabo na Terra do Sol (Il dio nero e il diavolo biondo, 1964), Terra em transe (Terra in trance, 1967) e O Dragão da Maldade contra o Santo Cuerreuo (Antonio das Mortes, 1969), saga allegorica di un uccisore di cangaceiros in rivolta contro i propri mandanti. Quanto al contributo degli altri cineasti, bisogna ricordare almeno: Os fuzis (I fucili, 1964), girato da Rui Guerra in un villaggio del Nordeste brasiliano; A falecida (La morta, 1965) di Leon Hirszman, ambientato invece nei sobborghi di Rio; il cinema-verità di Joaquim Pedro de Andrade; i film sulla crisi dell'intellettuale borghese di Gustavo Dahl- O bravo guerreiro (Il guerriero coraggioso, 1968) -, e Paulo César Saraceni (O desafio (La sfida, 1965). E ancora i nomi di Carlos Diegues che partecipò al film collettivo Cinco vêzes favela (Cinque volte la favela, 1962) con cui il cinema nôvo compiva un notevole sforzo descrittivo della realtà brasiliana - L.S. Person, Walter Lima jr.
Nonostante il suo già sottolineato eclettismo espressivo - consapevole, del resto, nella teorizzazione di un cannibalismo culturale verso i prodotti intellettuali del mondo imperialista - il cinema nôvo si trovò a concordare su una esigenza di fondo. Cinema politico per eccellenza, esso si pose infatti come obiettivo la lotta contro il sottosviluppo culturale imposto al Brasile. Ne derivarono un deciso rifiuto dei compiacimenti folcloristici e una accentuazione di polemica terzomondista, ravvisabile nelle tematiche dominanti: la servitù e la fame del Nordeste; le sacche di emarginazione delle periferie urbane, il neocolonialismo della borghesia cittadina, con la sua dipendenza e le sue frustrazioni; i temi del tropicalismo, legati al recupero di una cultura autoctona. Su queste basi tematiche si istituivano i generi di una nuova cinematografia, dall'epico-storico all'etnografico, al film-inchiesta. Soprattutto, furono l'universo miserabile e mitico del sertão e la vita dei villaggi interni e costieri del paese a ispirare le storie più suggestive. Ripuliti dall'inclinazione melodrammatica che aveva nociuto al noto O cangaceiro (id., 1953) di Lima Barreto, i film del sertão espressero una potenza visionaria inconsueta, che colpì con violenza il pubblico, guadagnando al cinema nôvo una reputazione fuori dei confini brasiliani .
Ma premi e riconoscimenti internazionali non valsero a impedire che il cinema nôvo mancasse proprio il suo scopo principale. Mentre un'immagine inedita e sconcertante del Brasile si diffondeva nel mondo, infatti, nessun nuovo pubblico si formava nel paese d'origine di quel cinema, che restava confinato all'interno di una ristretta categoria intellettuale, sostanzialmente limitata ai cineasti.
La situazione strutturale affrontata dai giovani registi non era del resto facile né mancò il tentativo di istituire un sistema cinematografico alternativo a quello dei colonizzatori. Sull'esempio dell'antico esperimento di Alberto Cavalcanti, il cinema nôvo si curò anzi di intervenire in tutte le fasi del processo, partendo dalla produzione e attraverso la distribuzione, fino all'esercizio. Non si può dimenticare, tuttavia, che al fallimento del progetto di diffusione entro i confini brasiliani non fu estraneo un problema di natura comunicativa. Il tentativo di fondare un linguaggio cinematografico alternativo risultò, nonostante le relative analogie (una certa violenza espressiva comune a diversi registi, l'uso di materiali semantici eterogenei, il riferimento alla mitologia popolare, l'attitudine didascalica, ecc.) tutt'altro che organico. Conducendo il cinema a rappresentare la realtà nazionale in modo nuovo, i giovani cineasti si proponevano di elaborare un linguaggio nazionale e realistico, in cui il popolo brasiliano potesse riconoscersi. In realtà, il problema del cinema popolare fu interpretato come proposta individuale degli autori, e non superò generalmente il puro atteggiamento ideologico. Basterà per tutti l'esempio di Rocha, che veicola il suo recupero delle mitologie popolari attraverso un codice linguistico fortemente marcato dalla lezione 'brechtiana' di Godard.
Se un tale successo venne a mancare, non fu comunque solo per assenza di coordinamento o peccato di 'intellettualismo'. La corrente era nata da appena un paio d'anni, quando la sua parabola fu praticamente troncata dal colpo di stato militare del 1964. Con una nascita, un apogeo e un declino così rapidi, il cinema nôvo non ebbe la possibilità di elaborare un autentico progetto di cinema rivoluzionario. Già abituato a budget produttivi ridotti all'osso, si trovò costretto in condizioni economiche pressoché inagibili. Benché un piccolo spazio produttivo restasse ancora aperto tra l'anno del golpe e il 1968, i suoi limiti andavano restringendosi di giorno in giorno. Simili difficoltà, unite all'intervento della censura, determinarono la caduta di ogni progetto collettivo. La soppressione delle caratteristiche di movimento a favore di quelle individuali finisce, anzi, per essere adottata come via d'uscita dagli ostacoli politici. Si accentua la tendenza alla , già implicita nella corrente, e i registi si disperdono, seguendo ciascuno le proprie inclinazioni e materiali possibilità. Mentre una parte di loro risponde all'involuzione politica col battere vie più commerciali (Diegues) con l'intonare l'autocritica dell'intellettuale (Saraceni), qualcuno persegue una linea di coerenza in tono più sommesso (Pereira dos Santos). Altri infine, come Guerra e Rocha, lasciano il Brasile, alla ricerca di altri paesi dove realizzare i loro film.
*testo tratto da F Di Giammatteo, Dizionario universale del cinema, Roma 1985