CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

home


Il Junger Deutscher Film*

Corrente del cinema tedesco. Ha una data di nascita ufficiale: nel 1962, al Festival dei cortometraggi di Oberhausen, un gruppo di 26 giovani registi firmò un manifesto che proclamava la morte del vecchio e la nascita del nuovo cinema tedesco. Il manifesto di Oberhausen denunciava la situazione di immobilismo dell'industria cinematografica nella Germania federale e auspicava la nascita di un cinema nuovo nelle idee e nel linguaggio, nonché libero da vincoli commerciali. Con questo episodio ebbe inizio l'ascesa di una nuova generazione di cineasti. Non si trattò, tuttavia, di un itinerario lineare. Anzitutto, i nuovi registi non costituirono mai - nonostante le indubbie capacità di gestire collettivamente le fasi della lotta per il rinnovamento - un movimento omogeneo in senso progettuale o estetico. Come avviene quasi di regola per ogni corrente, la riconoscibilitå di una fisionomia collettiva si basò su un certo numero di bersagli polemici (il cinema commerciale, i generi codificati), tematici (emarginazione, perdita dell'identità, impossibilità dell'integrazione sociale) ed espressivi in comune.

La prima fu una fase essenzialmente di rottura, con accentuata attenzione all'avanguardia e alla sperimentazione linguistica. Nel contempo, i giovani registi rivendicavano il valore politico del cinema e il suo contatto con la realtà sociale. Decisi a ripartire da una tabula rasa, guardavano tuttavia all'esperienza della nouvelle vague, unendo nei loro film ricerca formale e soggettivismo, manierismo, talora spontaneismo. Nei primi anni fu rilevante il ruolo di Jean-Marie Straub, con le sue sperimentazioni inedite sul mezzo cinematografico. Importante anche il contributo di molti registi, spesso provenienti dal cortometraggio, che oggi sono scarsamente attivi o ignoti al pubblico: Peter Schamoni o Edgar Reitz (uno dei portavoce, assieme a Kluge, del manifesto di Oberhausen), per esempio. L'influenza della contemporanea corrente francese fu superata da Alexander Kluge con un lungometraggio dal titolo programmatico 'Congedo dal passato': Abschied von gestern (La ragazza senza storia, 1965-66). Se infatti la lezione linguistica di Godard è ancora presente, il regista tedesco si mostra più interessato alla 'qualità' delle cose che non alla loro struttura. ll film riassume in sé un altro avvenimento importante. Vincendo il Leone d'argento a Venezia, infatti, apriva la via al riconoscimento internazionale della giovane cinematografia tedesca. In seguito, assieme a Reitz, Kluge fonda a Ulm (nei pressi di Monaco) un Istituto di formazione cinematografica dove una intera generazione di registi fa il suo apprendistato. Si profila una tendenza d'autore (contestata dalla berlinese Accademia per il film e la televisione, centro del cinema militante di base) che diventerà più accentuata col passare del tempo.

Nella seconda metà degli anni '60, alcuni titoli conquistano una discreta fama presso il pubblico europeo e internazionale: Jagdszenen aus Niederbayern (Scene di caccia in Bassa Baviera, 1969) di Peter Fleischmann, Der junge Törless (I turbamenti del giovane Törless, 1965) e Michael Kohlhaas, der Rebel (La spietata legge del ribelle 1968), entrambi di Volker Schlöndorff; altri come Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos (Gli artisti sotto la tenda del circo: perplessi, 1967-68) di Kluge, vincitore del Leone d'oro 1968, diventano oggetti di culto per la critica. La prima ondata del movimento si esaurisce intorno al 1968. La data è significativa anche perché coincide con l'approvazione, da parte del governo federale, della legge per il finanziamento pubblico del cinema. La maggioranza dei film viene prodotta a Monaco. Nel frattempo, si moltiplicano i premi ottenuti in festival e manifestazioni internazionali. A breve distanza, nel 1970, la fondazione del Filmverlag der Autoren (organizzazione dei registi tedeschi) rappresenta un'altra tappa importante per l'affermazione e l'autonomia del movimento. Verso la fine degli anni '60, si manifestano propensioni abbastanza diffuse per l'underground americano, che diventa - in ordine cronologico - il secondo punto di riferimento cinematografico dopo la nouvelle vague.

Con il decennio successivo, le personalità degli autori si precisano, mentre lo Junger Deutscher Film (Neuer Deutscher Film) si avvicina alle forme più istituzionali dello spettacolo e accentua la nota d'autore, fino a renderla dominante. Il nuovo atteggiamento corrisponde anche al bisogno, che il movimento ha, di sviluppare e consolidare le posizioni attraverso una maggiore riconoscibilità. Ulteriormente legittimato dai tributi degli specialisti, il nuovo cinema tedesco si afferma in modo stabile. Notevoli sono i risultati conseguiti nel piano delle strutture. Contro il monopolio del cinema americano, qui si pratica una politica di sostegno e difesa contro le crisi: ai meccanismi di sovvenzione statale si affiancano gli accordi produttivi e distributivi con le reti televisive, perfezionati nel 1974 con un patto di doppio passaggio su grande e piccolo schermo. Gli stessi cineasti curano direttamente cooperative di distribuzione e gestiscono sale cinematografiche. Favoriti da una simile politica 'difensiva', tra il 1968 e il 1975 si moltiplicano gli esordi nella regia, e tutti su uno standard abbastanza elevato.

Mentre alcuni critici lo qualificano come la punta cinematografica degli anni '70, il nuovo cinema tedesco raccoglie altri successi, benché più di stima, ancora, che di cassetta.

Qualche esempio canonico: Aguirre, der Zorn Gottes (Aguirre, furore di Dio, 1972), Jeder für sich und Gott gegen alle (L'enigma di Kaspar Hauser, 1974) e Stroszek (La ballata di Stroszek, 1976-77) di Werner Herzog; Die bitteren Tränen der Petra von Kant( Le lacrime amare di Petra von Kant, 1972), Angst essen Seele Auf (Tutti gli altri si chiamano Alì o La paura mangia l'anima, 1973), Fontane Effi Briest (Effi Briest, 1974) di Rainer Werner Fassbinder; Die Angst des Tormans beim Elfmeter (Prima del calcio di rigore, 1971), Alice in den Städten (Alice nelle città, 1973) di Wim Wenders. Per citare solo i nomi piú noti, ai quali andrebbero aggiunti quelli già citati di Kluge e di Schlöndorff - Die verlorene Ehre der Katharina Blum (Il caso Katharina Blum, 1975) è un titolo decisivo della metà degli anni '70 - e quelli di Reinhard Hauff (Messer im Kopf, Il coltello in testa, 1978), di Werner Schroeter e di Hans-Jürgen Syberberg. Rilevante la partecipazione femminile - che tuttavia intende rappresentare un 'cinema delle donne' distinto dal nuovo cinema tedesco - con le registe Helke Sander Jutta Brückner, Helma Sanders-Brahms, Ulrike Ottinger, Margarethe von Trotta.

Altre caratteristiche del Neuer Deutscher Film nella sua fase istituzionale sono l'uso di un ristretto numero di attori fissi, spesso di provenienza teatrale, che intervengono attivamente nella lavorazione del film, nonché l'apparizione, in ruoli di rilievo, di intellettuali come registi, musicisti, scrittori. Del resto, il rapporto con la letteratura, classica e moderna, è stato molto stretto, fin dall'incontro tra il gruppo di Oberhausen e il Gruppe 47. I nomi di Böll, Grass e dell'austriaco Handke sono ampiamente rappresentati. Cinema d'intonazione pessimista, poco spettacolare e girato prevalentemente in interni, il Neuer Deutscher Film non sembrava fatto per incontrare i favori del pubblico. E' riuscito invece ad acquisirne una fascia abbastanza ampia, dopo la distribuzione europea (che andò a rilento) di un certo numero dei suoi titoli. Nello stesso tempo, ormai ben consolidato in Germania alla metà degli anni '70 mutava ulteriormente fisionomia rispetto alla dominante politica d'autore. Fu proprio l'aspirazione dei maggiori cineasti a realizzare film produttivamente più impegnativi che determinò, del resto, il 'nuovo corso'. Un orientamento caratterizzato dalla ripresa di contatto con i generi cinematografici, con i codici del linguaggio spettacolare, con le pratiche industriali della coproduzione. Assai più attento che per il passato a sollecitare il consenso dello spettatore, il recente cinema tedesco (che non è più il 'giovane cinema tedesco') inclina al divismo e alla serializzazione, mostrandosi indulgente verso i miti dell'immaginario di massa, mentre cerca - e in qualche caso trova - la via dei grandi sistemi di circolazione e dei mercati internazionali. Alcuni titoli: Der amerikanische Freund (L'amico americano, 1977) e Hammett (Hammett: indagine a Chinatown, 1982) di Wenders; Nosferatu, Phantom der Nacht (Nosferatu, principe della notte, 1978) e Fitzcarraldo (id., 1982) di Herzog, Lili Marleen (id., 1980), Lola (id., 1981) e Querelle (Querelle de Brest, 1982) di Fassbinder. Più fedele all'originario progetto di Oberhausen Edgar Reitz realizza nel 1984 il suo capolavoro Heimat (Patria): un'opera di 16 ore divisa in 11 sezioni che ricostruisce le vicende di una famiglia tedesca coprendo un arco di tempo che va dal 1919 al 1982. Epico e lirico insieme, Heimat conferma la vitalità di un cinema attento alle ragioni della Storia non 'ufficiale', sempre in perfetto equilibrio fra memoria privata e memoria civile, eccezionale nel disegnare l'umanità e l'individualità dei personaggi, nel registrarne i gesti su uno sfondo più grande, lontano dalla retorica e dalla spettacolarità di maniera.


*testo tratto da F Di Giammatteo, Dizionario universale del cinema, Roma 1985