9 febbraio - 9 marzo 2022 |
Abbiamo rubato il titolo di questa mini-rassegna a un saggio di Camille Taboulay (1).
Un titolo suggestivo, perfetto per definire i film di Demy più conosciuti, in particolare Les parapluies de Cherbourg e Les demoiselles de Rochefort (musical cantato il primo, musical cantato e danzato il secondo)
ma anche Peau d’âne (1970), che si presentano come favole colorate, spigliate e allegre, spesso destinate ad un inevitabile lieto fine.
Ma anche un titolo fuorviante, che non prende in considerazione l’altra faccia di Demy, non solo quella malinconica più o meno riconosciuta da tutti, ma anche quella politica e sociale,
che appare in tutta la sua evidenza nel film che il regista aveva in testa fin dagli anni giovanili ma che ha potuto realizzare solo nel 1982, Une chambre en ville, dove il musical è al servizio di una tragica storia d’amore sullo sfondo della lotta di classe.
Film che, nonostante gli elogi della critica, sarà un clamoroso fiasco commerciale.
E da lì Demy non riuscirà più a ritrovare, con gli ultimi film, il consenso popolare ottenuto negli anni Sessanta. Demy era il marito di Agnès Varda, l’amore della sua vita, e il miglior modo per conoscere la sua personalità sono i tre film che lei gli ha dedicato: il primo (Jacquot de Nantes) girato nell’ultimo anno della sua vita (ma teso in buona parte a ricostruire la sua infanzia nel garage di famiglia e la nascita precoce della sua passione per il cinema), gli altri due dopo la sua morte, avvenuta nel 1990 a soli 59 anni: Les Demoiselles ont eu 25 ans (1992), L’univers de Jacques Demy (1995). Demy era amico dei giovani registi della Nouvelle Vague, ma non faceva parte del gruppo, si è sempre defilato seguendo la sua vocazione personale che lo ha portato verso un cinema cantato e musicato, avvalendosi della preziosa collaborazione di un eclettico e geniale compositore come Michel Legrand. Demy era di origini proletarie, profondamente legato alla sua Nantes operaia, odiava la borghesia. Il suo mondo “incantato” è inscindibile dal “disincanto”, come ha notato Jean Douchet (2). Come ebbe a dire lui stesso, “il colore, la musica, mascherano il pessimismo” (3). Detto con le parole di un critico, “il desiderio di fantastico nasce da un malessere profondo” (4). Oggi che il musical sembra essere tornato in auge (Annette di Leo Carax, West Side Story di Spielberg…), ci è sembrato bello proporre al nostro pubblico un tuffo nel passato, alla riscoperta di colui che nel genere non ha avuto rivali in Francia. Michele Dell’Ambrogio Circolo del cinema Bellinzona (1) Camille Taboulay, Le cinéma enchanté de Jacques Demy, Paris, Ed. “Cahiers du cinéma”, 1996. (2) Jean Douchet, Nouvelle Vague, Paris, Ed. Cinémathèque française/Hazan, 1998. (3) da un intervista radiofonica a Serge Daney, 1988, riportata in Flavio Vergerio, Origini di storie, destini incrociati, traversata dello specchio, in Jacques Demy e un po’ di Varda, Bergamo, Ed. Bergamo Film Meeting, 2001. (4) Flavio Vergerio, Origini di storie…, cit. |
LOLA LES PARAPLUIES DE CHERBOURG LES DEMOISELLES DE ROCHEFORT UNE CHAMBRE EN VILLE Locandina PDF |
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