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PRESENTAZIONE |
In collaborazione con |
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La terza edizione di Babel - Festival di letteratura e traduzione - si confronta con la “lingua imperiale” (l’inglese americano) e gli “uomini delle provincie” (quegli scrittori che “ne estendono i confini e ne ridefiniscono l’identità attraverso immaginari distanti e sintassi diverse”). Vale a dire quegli scrittori di altre origini e di altre culture che hanno adottato l’inglese americano per la loro espressione artistica. Nel cinema, tralasciando gli immigrati illustri del passato che hanno contribuito ai successi di Hollywood e scritto pagine memorabili della storia del cinema, non sono pochi anche i registi contemporanei che si sono trasferiti in America, per esperienze di più o meno lunga durata, e hanno lavorato o lavorano in quella realtà produttiva, con attori e tecnici statunitensi. Fra questi ne abbiamo scelti alcuni: Emir Kusturica, serbo di Sarajevo profondamente radicato nella cultura balcanica, che ha giocato la sua carta americana con Arizona Dream (1993), dirigendo attori come Johnny Depp, Jerry Lewis, Faye Dunaway e Vincent Gallo; Wayne Wang, cinese di Hong Kong da sempre attivo negli States, di cui siamo molto lieti di poter presentare in prima visione ticinese il suo ultimo film, A Thousand Years of Good Prayers, caratterizzato da una vera babele linguistico-culturale in cui si mescolano l’inglese e il cinese, il farsi e il russo; Michael Haneke, il gelido regista austriaco che non esita a rifare in America il suo Funny Games, praticamente fotocopiandolo inquadratura dopo inquadratura con le uniche varianti degli attori (Naomi Watts, Tim Roth e Michael Pitt al posto di Susanne Lothar, Ulrich Muhe e Frank Giering) e della scenografia (una casa sul lago nella provincia americana al posto di una casa sul lago nella provincia austriaca); e Wong Kar-Way, altro hongkonghese illustre che approda negli Stati Uniti, tentando con My Blueberry Nights di replicare gli alti esiti raggiunti in patria con i suoi splendidi mélo. Ma come nelle due precedenti edizioni, CineBabel cerca di approfittare della presenza durante il festival letterario di scrittori che in qualche modo hanno avuto a che fare con il cinema: e quest’anno lo fa con Jamaica Kincaid, dal cui libro A Small Place Stephanie Black ha tratto il documentario Life and Debt, una lucida indagine sugli effetti della globalizzazione in Giamaica, che sarà presentato a Bellinzona in prima visione svizzera alla presenza della scrittrice caraibica. La lingua nazionale ospite di Babel è questa volta il romancio, “per accompagnare la dimensione globale dell’inglese con una dimensione strettamente locale”: e CineBabel ha voluto lasciare spazio anche a questa cultura minacciata, inserendo nel programma un corto tutto romancio prodotto dalla Hochschule für Gestaltung und Kunst di Zurigo, Staila crudanta di Pascal Bergamin, che già era stato presentato nei “Pardi di domani” al Festival di Locarno del 2005. E per concludere un’altra prima visione svizzera, il documentario di Pier Paolo Giarolo Tradurre, un film che accosta la musica e l’arte del fornaio per sondare i misteri della traduzione letteraria, che è poi la spina dorsale e la principale ragione d’essere di Babel. L’anno scorso scrivevamo che CineBabel voleva “introdurre il Festival letterario e rifletterne l’impostazione, delineando un clima culturale” che sarebbe poi stato “messo a fuoco durante gli incontri con gli scrittori e i traduttori” e che la sua durata oltre il Festival stesso avrebbe voluto “raccoglierne in un certo senso gli echi e mantenerne vivi gli stimoli”. Possiamo ripetere le stesse parole anche quest’anno, ringraziando per la sua disponibilità e la sua collaborazione il direttore artistico Vanni Bianconi, che fin dalla prima edizione ha creduto fermamente nella necessità di estendere Babel alle altre arti. Michele Dell’Ambrogio, Circolo del cinema Bellinzona |
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