CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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Luis Buñuel

parte seconda 1958 - 1977
settembre 2002 - aprile 2003

Nazarín

Messico 1958
35mm, bianco e nero, v.o. st. f/t, 94’

    Soggetto e sceneggiatura: Luis Buñuel, Julio Alejandro, dal romanzo omonimo di Benito Pérez Galdós; fotografia: Gabriel Figueroa; montaggio: Carlos Savage; interpreti: Francisco Rabal, Marga López, Rita Macedo, Ignacio Lopez Tarso, Jesús Fernández, Ada Carrasco, Antonio Bravo, Aurora Molina, Ofelia Guilmain, Noé Nurayama...; produzione: Manuel Barbachano Ponce, Messico.

Nel Messico di fine Ottocento dominato dalla dittatura di Porfirio Díaz, l’abate Nazarín (Rabal) si sforza di seguire alla lettera l’insegnamento di Cristo: ma l’aver dato ospitalità a una prostituta accusata di omicidio lo fa sospendere a divinis, l’aver guarito una bambina lo trasforma in un santo capace di fare miracoli e l’aver predicato l’esempio di Cristo lo porta in prigione. Il film racconta la storia di "un’ossessione di santità", capace solo di andare incontro a dure sconfitte: seguendo le disavventure di un prete donchisciottesco, che prende troppo sul serio la missione evangelica, Buñuel offre qui "una rigorosa analisi delle morali e dei valori dominanti in una società di miseria" e stigmatizza tutto il potere di alienazione che un certo messaggio cristiano ha dimostrato di possedere. Inesorabile e consequenziale nel suo percorso ideologico (l’impegno di chi non sa distinguere tra cause ed effetti della povertà, e quindi non si schiera contro gli oppressori oltre che a favore degli oppressi, è destinato al fallimento), il film, però, non è mai predicatorio e progredisce grazie a un accumulo di notazioni ironicamente ambigue: il "cammino della croce" avverrà in compagnia di due donne smaniose di sesso, in galera sarà difeso da un ladro che ha rubato in chiesa, la salvezza inizierà solo quando abbandonerà le certezze per il dubbio. Perfettamente in sintonia le scelte visive, dove le ossessioni figurative che rimandano a Goya (il personaggio del nano Ujo o l’erotismo di certe scene) si fondono con i suoi tipici sberleffi surrealisti (il Cristo con la corona di spine che ride). Premio speciale della giuria a Cannes.