CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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UNO SVIZZERO IMPERFETTO
Il cinema di Leopold Lindtberg (1935-1953)
Die Vier in Jeep
(Quattro nella jeep) - 1950/51
    Regia: Leopold Lindtberg. Sceneggiatura: Richard Schweizer. Collaborazione alla sceneggiatura: Wilhelm Michael Treichlinger, Hans Sahl. Dialoghi inglesi:William Harding. Dialoghi francesi: M.Hallain. Supervisione dei dialoghi: Elisabeth Montagu. Assistente di regia: Kurt Früh. Fotografia: Emil Berna, assistito da Karl Lüthy. Musica: Robert Blum. Montaggio: Hermann Haller, Paula Dvorak. Scenografia: Adolf Rebsamen. Suono: Rudolf Rolf Epstein. Direttore di produzione: Dr. Osca Düby. Produzione: Lazar Wechsler, Praesens-Film, Zürich. Durata: 102 min./2800m. Interpreti: Ralph Meeker (William Lang, "International Patrol" USA), Viveca Lindfors (Franziska Idinger), Joseph Yadin (Vassilij Voroscenko, "Int.patrol" URSS), Michael Medwin (Harry Stuart, "Int. Patrol" GB), Dinan (Marcel Pasture, "Int. Patrol" F), Harry Hess (cpt. Hammon, USA), Hans Putz (Karl Idinger), Eduard Leibner (Hackl, il portinaio), Paulette Dubost (signora Pasture), François Simon (un poliziotto francese), Gregory Chmara (un capitano sovietico).

Vienna 1950, ad una pattuglia internazionale costituita da tre compagni di lunga data (un americano spaccone, un francese schietto e leale, un inglese flemmatico) viene assegnato, non senza malumore, un nuovo comandante, un taciturno sergente russo. Durante una ronda d'ispezione, la pattuglia assiste ad un tentativo di rapimento di una giovane donna, Franziska, il cui marito era prigioniero di guerra in Russia. Qualche tempo dopo vengono a conoscenza della sua fuga. A dispetto delle informazioni ufficiali che ne dichiarano la morte, egli si trova a Vienna ricercato dai russi. Gli amanti cercano di mettersi in contatto, nonostante gli inseguimenti della GPU e delle pattuglie di polizia internazionale. Sarà nel momento decisivo, che, al di là delle uniformi, si vedrà il vero carattere dei protagonisti.
Il film esce in piena guerra fredda. Il 24 giugno 1948 i russi effettuano il blocco di Berlino, il 21 settembre 1949 viene fondata la Repubblica popolare cinese, il 7 ottobre 1949 nasce la DDR. Il 25 giugno 1950 scoppia la guerra di Corea che vede impegnati i cinesi contro gli americani. La rottura Est-Ovest è consumata. Vienna è l'ultimo angolo dove persiste la collaborazione tra le varie potenze. La città è divisa in cinque settori: americano, inglese, francese, russo ed un quinto sotto le forze internazionali, il cui comando cambia ad ogni mese. La zona è controllata dalle pattuglie internazionali motorizzate, composte da un militare per settore. Ancora una volta, Wechsler si assicura la collaborazione di attori di diversa nazionalità. Viveca Lindfors è un'attrice svedese (che in seguito lavorò per Fritz Lang e Nicholas Ray). Paulette Dubost (compagna di Dinan) è un'attrice rinomata ("Hotel du Nord" di Marcel Carné, "La Règle du jeu" di Jean Renoir). François Simon, il figlio di Michel Simon, è ad uno dei primi ruoli (reciterà poi in film come "Mourir d'aimer" di Cayatte, "Charles mort ou vif" di Tanner, "L'invitation" di Goretta, ecc.). Le riprese a Vienna furono ridotte all'osso per ovvii motivi (il grosso delle riprese avvenne a Graz). Si racconta che per le ronde in jeep i quattro soldati siano stati vestiti con uniformi di colori fantasiosi così che nessuno poteva sospettare il vero proposito del film (in bianco e nero!). Il film esce il 30 marzo 1951 al cinema Scala di Zurigo dove resta in cartellone 10 settimane e viene selezionato per inaugurare il festival di Cannes il 4 aprile 1951. Una mezzora prima della proiezione, il comitato decide di rinviarla all'indomani per paura di un incidente diplomatico con i Russi. Il film fa clamore e raccoglie commenti discordi (sovente influenzati dalla relativa appartenenza ideologica). Selezionato per gli oscar, riesce ad ottenere l'Alloro d'argento per il miglior film europeo (1951), il Gran premio delle nazioni unite della British Film Academy e a vincere l'Orso d'oro a Berlino. Sul piano della politica mondiale, il film è obiettivo, ma non imparziale (se non sul piano umano) e non può certo essere trattato di anti-sovietico. Il film non dà lezioni, Lindtberg sembra volerci dire piuttosto che ogni malinteso è frutto quasi sempre di una mancanza di conoscenza reciproca che genera sfiducia. La sua mano migliore la ritroviamo nelle scene d'intimità pervase da annotazioni di una giustezza delicata e da una poesia dello spontaneo. Lindtberg ha ragione nel ritenerla dal profilo della regia, nonostante qualche slancio di una fraternità troppo candida, la sua opera più compiuta e matura.