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BEYOND A REASONABLE DOUBT
Per sostenere la sua campagna contro la pena di morte, l'editore di giornali Austin Spencer (Blackmer) convince lo scrittore Tom Garrett (Andrews), promesso sposo della figlia Susan (Fontane), ad accusarsi di un delitto. Ma chi deve scagionarlo con un colpo di scena muore improvvisamente. L'ultimo film americano di Lang è una lucida e inquietante riflessione sul nodo centrale di tutta la sua opera: la responsabilità dell'individuo e la fallibilità della nostra idea di giustizia. Portando all'estremo il processo di semplificazione del suo stile, il regista costruisce un perfetto meccanismo a incastro capace di catturare l'intelligenza e l'attenzione dello spettatore per meglio minare le sue certezze, senza rifugiarsi in un relativismo di maniera ma ribadendo l'idea che nessuno può dirsi innocente. Quasi astratto nella sua essenzialità narrativa, il film si rivela anche una lucida riflessione sul potere della “messa in scena”: da parte di Tom Garrett rispetto ai piani di Spencer ma anche da parte del regista rispetto all'attenzione dello spettatore, tanto da far dire a Serge Daney che “bisogna vedere il film due volte: una volta per la suspense e una volta per apprezzare il suo humour al contrario”. Mi spaventava molto il finale. Per un'ora e quaranta minuti mostravo Dana Andrews come un uomo magnifico e irreprensibile - e, in due minuti, rivelavo che era un figlio di puttana. Avevo una gran paura. (Fritz Lang, 2) |
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