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MOONFLEET
Nel 1757, il piccolo John Mahune (Whiteley), rimasto orfano, viene affidato a un cinico tutore dedito al contrabbando, Jeremy Fox (Granger), che mira a impadronirsi della sua misteriosa eredità in combutta col cinico lord Ashwood (Sanders). Molto liberamente tratto dal romanzo di John Meade Falkner (gli sceneggiatori Jan Lustig e Margaret Fitts, in accordo con Lang, naturalmente, inventarono di sana pianta i personaggi di Fox e di lord e lady Ashwood, cioè dei “genitori” putativi che influenzano la maturazione del piccolo John), è un film d'avventure immerso in un'atmosfera stevensoniana, raffinato nel ritmo e sapiente nei contrasti cromatici, ben coordinati intorno alle tonalità brune del Metrocolor. Ma la grandezza di Lang si vede soprattutto nel modo con cui fonde le esigenze narrative del film di genere (la rete di misteri in cui si muove John: società segrete, grotte, caverne, aspetti contraddittori dei personaggi), il tema centrale del film (la scoperta del mondo degli adulti fatta attraverso gli occhi di un bambino) e le preoccupazioni fondamentali della sua ricerca d'autore (gli aspetti negativi dell'umanità, dalla doppiezza di Fox al cinismo di Ashwood; l'innocenza infantile che si rivela essere ignoranza della realtà e vuota illusione; una giustizia non uguale per tutti predicata dal “magistrato” Maskew). Mirabile l'uso del cinemaScope, imposto dalla produzione nonostante la riluttanza di Lang. Be', è una storia romantica, ambientata nel passato, dickensiana. L'atmosfera è questa. (A proposito, nel film c'è una cosa copiata da un dipinto di Hogarth: in una taverna c'è qualcuno in piedi su un tavolo e l'inquadratura è assolutamente identica al quadro di Hogarth). Per una storia dell'orrore contemporanea, si ricorrerebbe a un'atmosfera diversa. Ma se si parla di fantasmi (e in questo film ci sono, perché tutti credono che i contrabbandieri siano dei fantasmi) e la storia si svolge in cimiteri e in altri posti del genere, bisogna creare un'atmosfera romantica. (Fritz Lang, 2) |
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