1 – 28 febbraio 2025 |
Se n’è andato un anno fa, nel dicembre del 2023, uno dei più eccentrici e talentuosi registi del cinema mondiale, il georgiano Otar Ioseliani (o Iosseliani, come preferiscono scrivere i francesi). Aveva 89 anni ed era nato a Tbilisi, allora in Unione Sovietica. Approda al cinema assai tardi, dopo essersi diplomato in pianoforte, composizione e direzione d’orchestra nella sua città e dopo aver studiato dapprima matematica e essersi in seguito iscritto a Mosca all’Istituto del Cinema, nel corso di Aleksandr Dovzenko e Michail Ciaureli. Dopo un paio di cortometraggi, il suo film di diploma Aprili vien accusato di “formalismo” e vietato dalla censura. Prima di rimettersi dietro la macchina da presa, diventa pescatore e lavora in una fabbrica metallurgica (e nel 1964 gira il documentario La fonte, sul duro lavoro dei metalmeccanici). I tre lungometraggi successivi realizzati in Georgia (tutti presenti nella nostra rassegna: La chute des feuilles, Il était une fois un merle chanteur, Pastorale) vengono pesantemente osteggiati dal Goskino (il Ministero del Cinema sovietico), che ne limita la circolazione sia in Patria sia all’estero, ma in qualche modo riescono ad arrivare in Occidente, dove vengono premiati a Cannes e a Berlino. Si potrebbe pensare, quindi, che il cinema di Ioseliani sia un cinema politico, ma è il regista stesso a prendere decisamente le distanze da questa definizione. Infatti, a proposito dell’accusa mossa ai suoi film di essere antisovietici, dirà: “Sì, potrebbe essere vero, ma con una piccola correzione: i miei film sono asovietici (…). ‘Asovietico’ vuol dire che ho scelto di dimostrare che, per me, questo sistema era come se non esistesse. E questo, per la censura, era molto più doloroso di una lotta aperta contro i suoi dogmi. Questo disprezzo era insopportabile (…). Neanche il KGB e la mafia sopportano chi si prende gioco di loro. Quando questi organismi vengono presi sul serio ne sono fieri. Sì, è vero, sono cattivi, violenti, ma non sopportano di essere ridicolizzati”. (1) Finalmente Ioseliani otterrà il permesso di girare un film in Francia, Les favoris de la lune, e nel 1985 si stabilirà definitivamente a Parigi, dove proseguirà la sua carriera senza però mai rinunciare alla sua nazionalità e a sentirsi profondamente georgiano. E senza mai abdicare alla sua concezione del cinema. Come definire allora questo artista che rifiuta l’impegno politico e si colloca al di fuori delle maggiori tendenze del cinema del suo tempo? Bene ha fatto Alberto Crespi su “laRepubblica”, in occasione della sua morte, a descriverlo come “un regista che amava l’ironia, la malinconia e il savoir vivre”. (2) L’ironia, un umorismo leggero e stralunato che percorre tutti i suoi film, che lui stesso definisce delle commedie. La malinconia deriva dallo scetticismo con cui guarda al mondo contemporaneo, dominato dall’avidità e che ha perso per strada la capacità di sognare e di godere dei piccoli piaceri che la vita può offrire. E quindi il “savoir vivre”, che significa non prendersi troppo sul serio, non affannarsi nel proprio mestiere ma privilegiare ciò che più conta nell’esistenza di un essere umano, i momenti trascorsi con gli amici gustando un buon vino, la ricerca di un’armonia con la natura. Ma Ioseliani era anche una persona molto colta, conosceva la storia di tutte le arti, del cinema, della musica e del pensiero scientifico. E come definire il suo stile cinematografico fuori dalla norma? Essenzialmente il suo cinema è antinarrativo, poetico, nella scia dei registi più amati: René Clair, Jean Vigo, Vittorio De Sica, Jacques Tati… Un cinema che rifiuta la spettacolarità e lo star system, che aborre l’abuso del primo piano e del campo-controcampo in favore del movimento dei personaggi dentro l’inquadratura, che sottolinea l’importanza degli oggetti, che non vuole condurre lo spettatore entro binari prestabiliti ma che gli lascia ampia libertà di interpretazione, che presta molta attenzione al missaggio di suoni e rumori, che considera una presa in giro la musica che sovrasta le immagini come avviene solitamente nel cinema mainstream. La nostra rassegna presenta ben dieci film di questo straordinario poeta del cinema: oltre ai tre lungometraggi del periodo sovietico, ce ne sono altri sette della decina realizzati dopo il volontario esilio in Francia. Avessimo avuto più date a disposizione, avremmo potuto dedicargli una retrospettiva completa. Agli spettatori che vorranno accostarsi ai suoi film rivolgiamo un unico avvertimento: dimenticate tutto il cinema che siete abituati a vedere, lasciatevi trasportare dalla libertà e dalla indolente lievità con cui Ioseliani ha saputo condire ciò che rappresenta. Non cercate nei suoi film delle “storie” raccontate dall’inizio alla fine, ma abbandonatevi al fascino delle sue immagini sonorizzate, per scoprire che forse è possibile vivere la vita diversamente da come la società ci impone. Michele Dell’Ambrogio Circolo del cinema Bellinzona (1) Otar Ioseliani, in Ioseliani secondo Ioseliani, a cura di Luciano Barcaroli, Carlo Hintermann e Daniele Villa, Milano, Ubulibri, 1999 (volume che contiene tra l’altro la trascrizione di un seminario tenuto dal regista al cinema Lumière di Bologna nel 1997, e che rimane a tutt’oggi l’unica monografia in italiano dedicata al regista). (2) Alberto Crespi, La poesia di Otar Ioseliani, il regista osteggiato dall’Urss che amava l’ironia, la malinconia e il savoir vivre, “laRepubblica”, 17 dicembre 2023. |
LA CHUTE DES FEUILLES LA CADUTA DELLE FOGLIE GUIORGUIOBISTVE / LISTOPAD IL ÉTAIT UNE FOIS UN MERLE CHANTEUR C’ERA UNA VOLTA UN MERLO CANTERINO IKHO CHACHVI MGALOBELI / JIL PEVCHI DROZD PASTORALE PASTORALI / PASTORAL LES FAVORIS DE LA LUNE I FAVORITI DELLA LUNA ET LA LUMIÈRE FUT UN INCENDIO VISTO DA LONTANO LA CHASSE AUX PAPILLONS CACCIA ALLE FARFALLE ADIEU, PLANCHER DES VACHES ADDIO TERRAFERMA JARDINS EN AUTOMNE GIARDINI IN AUTUNNO CHANTRAPAS CHANT D’HIVER Locandina PDF |
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